FERMO – Celebrato il 20 giugno con una cerimonia molto partecipata l’anniversario della Liberazione di Fermo e del Fermano. In particolare proprio il 20 giugno, come ogni anno, viene ricordato il tributo di sangue seguito all’eccidio nazifascista di Caldarette d’Ete che avvenne in quel giorno del 1944. Una cerimonia toccante promossa dal comune di Fermo, dall’ANPI, dalla Provincia, dall’ISML e dall’Arcidiocesi, in occasione dell’ 80° anniversario di quei tragici fatti.
Prima la S. Messa nella Chiesa della Madonna del Pianto, presieduta dall’arcivescovo Monsignor Rocco Pennacchio, concelebrata da Padre Sante Pessot, alla presenza delle autorità civili, militari, religiose e delle associazioni della città. Nel corso della celebrazione, a nome dell’intera Città, il sindaco Paolo Calcinaro ha letto la preghiera alla Madonna del Pianto per rinnovare, come ogni anno, il voto fatto per la salvezza della Città di Fermo dai lutti di guerra.
A seguire, nel piazzale antistante la chiesa dell’Immacolata Concezione di Caldarette Ete il secondo momento con la cerimonia commemorativa, nel corso della quale, si sono succeduti gli interventi di Carlo Bronzi dell’Anpi provinciale, del sindaco di Fermo Paolo Calcinaro che ha ricordato «come con questa cerimonia ogni anno si fa memoria della storia, di quanto accaduto a Caldarette, un fatto storico che le giovani generazioni devono conoscere», del prefetto di Fermo Edoardo D’Alascio e del presidente della provincia di Fermo Michele Ortenzi.
Don Pietro Orazi ha poi benedetto le corone d’alloro che sono state deposte per omaggiare, alla presenza dei familiari e dei parenti, le vittime dell’eccidio compiuto a Caldarette il 19 giugno 1944. Prima sono stati deposti i fiori sulla stele, accanto alla chiesa, in memoria di Giovanni Protasi, il bambino morto all’epoca a soli sei anni per una scheggia di cannonata allo stomaco e privato delle cure necessarie. Corone d’alloro sui cippi in memoria di Giuseppe e Luigi Fortuna, che furono scambiati erroneamente per partigiani, crivellati di colpi dai tedeschi per rappresaglia, di Serafino Santini, che venne arso vivo per aver tentato di riappropriarsi delle bestie confiscate dai tedeschi.